Dott. Gianfranco Gozzi


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Tra le possibili applicazioni del sistema Multifix abbiamo ritenuto interessante trattare del suo impiego nelle fratture dell’estremo prossimale dell’omero.
Il trattamento di tali fratture, soprattutto di quelle a  tre e a quattro frammenti , è ancora oggetto di controversia.

Il trattamento conservativo ha dato risultati non favorevoli e si è dimostrato inadeguato in pazienti attivi ( 2 - 26 - 41 - 44 - 58 ).
La riduzione a cielo aperto e la sintesi chirurgica con ampia scheletrizzazione dei tessuti molli favoriscono la necrosi avascolare in caso di fratture complesse (15 - 19 - 34 - 46 - 54) sebbene l’incidenza della necrosi avascolare sia determinata già dalle caratteristiche della frattura stessa (8 - 19 - 22 - 34 - 42 - 46 - 54).
Vi è notevole variabilità riguardo le percentuali di incidenza della necrosi avascolare nelle diverse casistiche.
Secondo Sturzenegger questa si verifica in circa il 10 % delle fratture a tre frammenti dopo sintesi di minima e sale al  30 %  dopo osteosintesi con placca ( 54 ).
Hagg e Lundberg hanno riportato un tasso di necrosi avascolare compreso tra il 12 e il 25 % nelle fratture a tre frammenti trattate con sintesi a cielo aperto;  la percentuale sale al  34% nelle fratture a quattro frammenti ( 47 ).
L’impianto di una protesi omerale in frattura recente, anche nelle mani di chirurghi esperti, non ha fornito risultati riproducibili e soddisfacenti in termini di recupero della funzionalità. La sua durata nel tempo in soggetti giovani e attivi non è prevedibile. Le complicanze sono spesso difficilmente trattabili e recuperabili.
L’indicazione all’impianto di una protesi rimane la severa comminuzione con interessamento della superficie articolare in pazienti con più di 60 - 70 anni
(13 - 15 - 16 - 42 - 56).
Particolare interesse hanno suscitato le tecniche di riduzione e sintesi di minima che enfatizzano una dissezione meno demolitiva delle parti molli. Queste si dimostrano in grado di ottenere una buona costruzione morfologica con tasso di necrosi cefalica post chirurgica inferiore ai metodi di osteosintesi massiva e di adattarsi a situazioni di scarsa qualità dell’osso in pazienti anziani. (8 - 16 - 19 - 24 - 32 - 46).
Anche se la valutazione definitiva del valore di questo approccio chirurgico ricostruttivo è ancora in corso, le esperienze accumulate nell’ultimo decennio sono positive e ne autorizzano un utilizzo sempre più ampio nel rispetto di alcune linee guida di indicazione e di tecnica.
La nostra casistica è data da 122 pazienti in 5 anni e 6 mesi.
Soni stati  controllati  43 pazienti.
Riteniamo di aver raggiunto buoni risultati mediante l’osteosintesi con il sistema Multifix.
Abbiamo ottenuto la consolidazione della frattura in tutti i casi.
E’ stato possibile trattare pazienti anziani anche in presenza di grave osteoporosi.
L’applicazione del sistema è abbastanza agevole, minimamente invasiva, richiede tempi chirurgici limitati.
Il multimorsetto non solo evita lo scivolamento dei fili ma, in uno spazio ristretto, ha la proprietà di bloccare più sistemi elastici favorendo il controllo dei movimenti torsionali dannosi alla formazione del callo osseo.
La distanza minima del follow-up di 20 mesi ci ha permesso di valutare l’eventuale presenza di necrosi avascolare che si è verificata nel 4.6 % dei casi (incidenza inferiore rispetto ai dato riportati in letteratura) con risultato funzionale insufficiente solo in uno.
Il risultato funzionale è stato buono nell’80 % dei casi.
La rimozione del sistema è ambulatoriale e, al termine del periodo di applicazione, non residuano mezzi di sintesi a carico del focolaio lesionale.
L’unico svantaggio del sistema è l’esposizione alle radiazioni che comunque richiede idonee misure di radioprotezione e gesti tecnici pianificati e selettivi.
L’esempio standard di un’analisi dei costi diretti di trattamento con  il sistema Multifix ha dimostrato di richiedere un impegno economico-gestionale contenuto da parte della struttura ospedaliera con tempi di degenza brevi e possibilità di continuare le cure ambulatorialmente compresa la rimozione del sistema stesso. 
Il costo di tale metodo si discosta in modo sostanziale da quello relativo a metodiche di trattamento di riduzione e sintesi a cielo aperto. In questi casi  si riscontrano tempi maggiori di utilizzo della sala operatoria e di durata della degenza post-operatoria, un maggiore impegno nelle cure postoperatorie anche per la  più frequente insorgenza di  complicanze infettive e necrosi avascolare  ed in previsione di un ulteriore intervento di rimozione dei mezzi di sintesi.



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